Monsieur Christian LE BARTZ Sens, 4 febbraio 2025. (In memoria di Christian Le Bartz)
Sono uscito adesso dal parallelepipedo di ghiaccio e come nei miei tanti concerti ho infranto in mille pezzi la cabina di plexiglas, per la vita vera, lontano dai ritmi fragili e caduchi del mondo, salendo una dimensione che mi stava vicina ed ora fa da ponte verso lo spazio e l'infinito. Ho amato la musica e tutte le serate che ho fatto, con tutti i miei compagni d'avventura: i Rockets. Ci siamo vestiti e truccati, in una corsa verso il sensazionale, costumi di scena per "fare colpo" che forse servivano da trade union, con quelle stelle parcheggiate oltre il cielo e in ogni vena del nostro corpo. Non rinnego nulla, ho fatto della mia vita uno strumento musicale, con cui ho cantato e suonato per provare a domarla, mi sono fatto molti interrogativi, magari nel convincimento che tutta l'apparenza, lo stratosferico, poi scompare in fretta o è difficile da mantenere. Guardo uno ad uno i miei collaboratori, le facce del pubblico ai concerti, quando il laser governava la scena e l'adrenalina era talmente forte, viva, da fuoriuscire dai pori, macchiando d'argento le nostre belle esistenze. Adesso sono e non sono più, intorno a me pullulano, punti, pianeti e comete in rapida successione, alta, intensa ed immensa una Luce mi ammalia e rasserena, proiettandomi in un mare, ampio, di spazi siderali, orchestrati dal battito delle costellazioni. Vivo aldilà del sole e nella pace che vado elaborando, mi ristoro nel ricordo di quando bambino, osservavo il mare all'orizzonte e ne intuivo ogni complessità, in un limite che travalicava le metamorfosi del cielo. Sono così alto che fatico a tenere la concentrazione e faccio con le ali un movimento, per coprire la faccia di terra, carne, lacrime e liberare la mia incandescente "Anastasis".
di sergio alessi
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